Ambientato durante la pandemia da COVID-19, House of Nations [Casa delle nazioni] è il ritratto intimo e sfuggente di un giovane cinese che vive in una residenza per studenti internazionali a Berlino.
Il video lo accompagna per due anni nelle sue faccende quotidiane, negli incontri sociali e nei momenti più privati, avvolto nell’invisibilità che il contesto urbano accorda alla vita degli individui. Attorno a lui non avviene nessun fatto degno di nota. Eppure una serie di minuscoli granelli di polvere — uno sguardo solitario, una certa disconnessione nel suo linguaggio corporeo — si insinua, suggerendo le aspirazioni e incertezze esistenziali con cui è alle prese. Se le sensazioni tattili come il calore di un fuoco, la secchezza delle mani sfregate l’una sull’altra, la morbidezza e la durezza di una corda in una sessione di bondage, diventano la bussola per orientarsi nel suo spettro psicologico, la ricorrenza di porte che si aprono e si chiudono allude ai tentativi di tradurre e trasgredire i confini tra la sua interiorità e l’esterno.
Con un approccio da cinema verità, il video offre uno spazio dove raccontare le vite che altrimenti rimarrebbero anonime, rivelando i paradossi della globalizzazione, nella sua falsa aspirazione a un mondo senza confini e a spostamenti senza frizioni.